28 maggio 1974, una strage, quella di Piazza della Loggia, che tocca da vicino anche noi veronesi.
Articolo di Andrea Nicolini
ieri ricorreva l’anniversario della strage di Piazza della Loggia, una delle tante che hanno insanguinato le piazze, le stazioni, gli stessi treni e ogni angolo del nostro Paese. Stragi che riguardano tutte e tutti perchè quelle bombe hanno ostacolato nel profondo le ambizioni e l’autodeterminazione delle italiane e degli italiani. Sono state bombe utilizzate contro il movimento operaio e antifascista, contro le lotte degli studenti e delle donne.
Non sono riuscite a fermare le rivendicazioni e le lotte ma hanno permesso al potere di attutirle, di instillare paura ad ogni stilla di sangue versato e di promulgare leggi repressive per arginare le lotte mentre i responsabili erano proprio quelli che amministravano il potere, quello palese che nominava i vertici dei servizi segreti e quello occulto, della massoneria e dell’eversione nera, legato a doppio filo con il primo.
Quel 28 maggio gli stragisti hanno colpito al cuore Brescia, una città che ha saputo rialzarsi e che non ha mai smesso di cercare e pretendere verità e giustizia.
Ma quel sangue sul selciato della piazza riguarda molto anche noi veronesi perché gli esecutori materiali, quelli che fisicamente hanno messo quella bomba in quel cestino porta rifiuti, secondo le nuove indagini portate avanti dalla Procura dei minori di Brescia, sarebbero ordinovisti veronesi.
Marco Toffaloni e Roberto Zorzi sono gli imputati per il nuovo processo che, alla prima udienza, ha visto il governo Meloni “dimenticarsi” di costituirsi parte civile. Sono latitanti, il primo riparato in Svizzera e il secondo negli Stati Uniti, hanno acquisito la cittadinanza dei loro nuovi paesi di adozione e non intendono rispondere alle domande dei magistrati nè tantomeno rientrare in Italia.
Quella strage riguarda Verona perchè le nuove testimonianze e i nuovi riscontri alzano il velo sui palazzi nei quali gli appartenenti a Ordine Nuovo avrebbero tenuto riunioni per pianificare la strage: Palazzo Carli, sede della Ftase (la struttura Nato di comando delle forze terrestri del sud Europa) e dove risiedeva anche quell’ufficio guerra psicologica che già ebbe a che fare con i preparativi per attuare quel tentativo di colpo si stato denominato Piano Solo. Anche l’attuale sede dell’Inps in via C.Battisti sarebbe uno dei luoghi frequentati dagli ordinovisti quando, all’epoca, ospitava all’ultimo piano una sede del controspionaggio dei servizi segreti italiani. I testimoni hanno menzionato anche la caserma dei carabinieri di Parona, che, avrebbe ospitato nel seminterrato una sorta di poligono di tiro dove i neofascisti si allenavano al tiro.
E poi Verona era anche la culla di Ludwig, la formazione neonazista sulla quale stanno emergendo rivelazioni eclatanti. Ludwig è sempre stato descritto dagli organi inquirenti come la combinazione dell’incontro di due pazzi, Abel e Furlan, mentre sembra invece che si trattasse di una costola di Ordine Nuovo alla quale apparteneva lo stesso Toffaloni e forse altri neofascisti. Frequentavano la stessa scuola e poi gli stessi ambienti eversivi e infine alcune testimonianze, compresa quella del veronese morto dopo una dolorosissima agonia dovuta alle ustioni), indicavano un numero di aggressori superiore alle due unità. Osserveremo attentamente gli sviluppi del processo perché anche quella Verona antifascista che nonostante tutto esiste e resiste deve avere la stessa determinazione nel chiedere giustizia e verità sulle troppe trame nere che hanno percorso la nostra città.
Solo quando questo obiettivo sarà raggiunto Verona potrà essere una città come le altre e guardare aventi, senza mai dimenticare il sangue versato dai pianificatori in riva all’Adige ma superando la vergogna per non aver capito, per non aver urlato a squarciagola per pretendere verità o per essersi semplicemente, (e forse non pochi veronesi lo hanno fatto) girati dall’altra parte.