Ucraina, anche l’Occidente persegue la guerra e allontana la pace

Articolo di Andrea Nicolini20 marzo 2023

La Corte Penale Internazionale con sede all’Aia ha emanato un mandato di cattura contro il presidente russo Vladimir Putin. Le accuse rispondono esattamente alle competenze del Tribunale: crimini di guerra perché la Russia avrebbe deportato illegalmente nel suo territorio migliaia di bambini ucraini.

Quello che mettiamo in discussione, e che a nostro avviso allontana in modo siderale ogni tentativo di negoziato tra le parti, è la complessità del sedersi ad un tavolo di trattativa con una persona sulla quale spicca un mandato di cattura internazionale.

Da parte russa l’avvio di un negoziato è, a questo punto, forse ancora più difficoltoso.

Il nodo centrale non è costituito dal dubbio se Putin sia o meno un criminale. La cosa è infatti assodata da tempo e la predisposizione liberticida del presidente russo ci era ben nota ancor prima dell’invasione, proprio negli anni nei quali gli stati occidentali, compresa l’Italia, si affannavano a fare affari con lui.

Il punto dirimente è capire se almeno una delle due parti in lotta abbia o meno intenzione di persegurie ogni tentativo di raggiungere la pace o perlomeno una tregua.

A questo proposito va ricordato che un negoziato di pace è quasi sempre preceduto da un cessate il fuoco.

A questo punto ci pare inevitabile constatare che nessuna delle due parti, né la Russia né l’Occidente, ha intenzione di perseguire passi verso la pace.

Volontà ancor più chiara se pensiamo che il mandato di cattura, a detta degli stessi tre giudici che lo hanno firmato, tra i quali figura un italiano, è chiaramente ineseguibile e quindi rappresenta solamente, ai nostri occhi, una posizione politica se non propagandistica.

Sono davvero lontani i tempi in cui l’Occidente affermava di armare l’Ucraina perché essa potesse difendersi, fermare la Russia e portarla ad un tavolo di negoziato.

Oggi la priorità, e lo riconoscono quasi quotidianamente sia la Nato che diversi paesi europei, è battere la Russia sul campo e vincere la guerra.

Se questo è davvero l’obiettivo un negoziato non serve!

A ricarare la dose e a confermare questa lettura è lo stesso portavoce del Consiglio Nazionale per la Sicurezza degli Stati Uniti, John Kirby, che ha preceduto la sentenza della Corte Penale dell’Aia rilasciando una dichiarazione ufficiale che recita testualmente “Gli Stati Uniti non sostengono il cessate il fuoco, perché pensano che in questo momento il cessate il fuoco aiuterebbe solo Mosca”.

Il risultato di tutto questo è che, ora che anche il piano di pace cinese, seppur lacunoso, è stato affossato e non può più rappresentare nemmeno un punto di partenza, e che l’Occidente ha reso lampante quello che già nei mesi scorsi appariva sotto traccia, il massacro può continuare e il risiko delle potenze nazionali si può ancora giocare sulla pella dei civili e della carne da cannone mandata al fronte.

Questo articolo potrebbe anche finire qui, ma c’è una domanda che andrebbe fatta alla Corte Penale Internazionale: se Putin è stato incriminato per aver deportato migliaia di bambini, (decisione che non fa una piega dal punto di vista legale ma che rischia fortemente di minare il raggiungimento di una pace negoziata) perché non è intervenuta incriminando George Bush e i Presidenti dei paesi occidentali che hanno partecipato alla prima guerra del Golfo?

Un rapporto dell’Unicef ha infatti rivelato che circa 500mila bambini iracheni sono morti, dopo la guerra, per la pressochè totale distruzione delle infrastrutture fognarie e di depurazione dell’acqua potabile e in seguito ai dieci anni di embargo economico che hanno privato la popolazione dell’assistenza medica, compresa quella neonatale.

La ratifica, e quindi l’inizio deli lavori della Corte Penale Internazionale dell’Aia è stata sancita dalla risoluzione dell’Onu 51/207 del 17 dicembre 1996 e cioè proprio nel periodo nel quale quel massacro di bambini (e non solo) si compiva, ma non ha emesso alcuna sentenza nonostante le prove ripetute e lampanti!

Nessuna istituzione internazionale risponderà mai alla nostra domanda ma forse la risposta è la più semplice ed è riscontrabile in una bilancia della giustizia tarata male, che pare non possa fare a meno di utilizzare due pesi e due misure.

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Andrea Nicolini
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