La necessità di nuove e alternative prospettive per il diritto all’abitare.

Verona, verso le elezioni comunali. Un segnale dalla sinistra antagonista contro le logiche economiciste e per una città solidale

La nostra piena solidarietà agli attivisti del Laboratorio autogestito Paratodos che ieri hanno occupato simbolicamente uno stabile per denunciare la sistematica rimozione di politiche sociali e, in particolare, di quelle abitative. (Qui puoi vedere tutti i materiali inerenti contenuti nel nostro archivio).

Decine e decine di lavoratori migranti non trovano spazio nel risicato numero di posti letti approntati nei dormitori pubblici. Non si tratta, a nostro avviso, di una mancanza dovuta alla penuria di risorse o di spazi ma di una presa di posizione ideologica che considera i migranti come manovalanza a bassissimo costo e null’altro, senza diritti ne servizi a disposizione, esattamente in linea con quanto prevede gran parte della legislazione nazionale in materia di immigrazione.

La sinergia tra queste due tagliole, quella nazionale e quella locale, diventa molto spesso una trappola per migliaia e migliaia di persone consegnate di fatto nelle mani dei caporali o comunque costretti al lavoro nero senza nemmeno potersi permettere il pagamento di una casa in affitto.

La cancellazione dello status di Protezione umanitaria sancita dai famigerati Decreti sicurezza fortemente voluti da Salvini e mai cancellati dal governo Conte 2, (che in molti hanno considerato come un governo di sinistra), hanno aumentato il numero dei migranti ricattabili dai caporali, che spesso sono anch’essi stranieri ma che altrettanto spesso procurano la manodopera a bassissimo costo a soggetti italianissimi. Il caso di Grafica Veneta, se ricordate, è emblematico.

E’ sicuramente vero che i Comuni, e quindi nemmeno quello di Verona, possano esimersi dall’applicare la legislazione italiana, ma è altrettanto vero che, se solo lo volessero, potrebbero mettere in atto politiche sociale atte ad alleviare almeno in parte, le conseguenze inaccettabili di quelle stesse leggi, mettendo in funzione, ad esempio, politiche del lavoro, abitative e sociali che competono loro.

Il cosidetto “degrado” che spesso viene ignobilmente sventolato da molti politici veronesi, per non parlare di alcuni dei candidati sindaci che partecipano all’imminente tornata elettorale, è invece il segnale più chiaro della mancanza totale di tali politiche. Gli sgomberi di aree, di spazi, di stabili occupati da lavoratori migranti che non sanno dove dormire ed abitare è diretta conseguenza di tutto questo, mentre viene invece sventolata come immonda bandiera dalle amministrazioni comunali che si susseguono l’una all’altra senza mai modificare l’ormai trito ritornello dell’alimentare il senso di insicurezza dei cittadini per poi proporre e mettere in campo misure draconiane di controllo e repressione ergendosi a paladini della sicurezza.

Il problema della casa non riguarda solamente i migranti ma, sempre più, anche nuclei familiari e persone italiane spinte verso il baratro dell’indigenza dagli effetti economici della pandemia e ora della guerra. Anche in questo caso non si notano però grossi cambiamenti, (reali e non solamente promessi), nelle politiche abitative. Gli enti locali, (Comune e Regione) non effettuano manutenzione del loro patrimonio edilizio popolare, preferendo venderlo con la promessa di reinvestire il ricavato in nuovi alloggi che però, puntualmente, non vengono quasi mai costruiti. In questo modo le case a basso canone scompaiono lentamente, le graduatorie si allungano a non finire e il diritto alla casa diventa sempre più aleatorio.

La discriminazione verso le persone migranti da parte delle istituzioni locali ultimamente si è “arricchita” di un nuovo livello. Alcuni esponenti politici della destra cittadina infatti hanno affermato chiaramente che ora solamente i profughi ucraini saranno accettati e ospitati, chiudendo le porte agli altri migranti, quelli provenienti da Africa e Asia, non lo saranno più. Si tratta, in fondo, dello stesso schema adottato dalla Polonia, giustamente accogliente nei confronti delle centinaia di migliaia dei vicini ucraini ma che, pochi mesi prima dello scoppio della guerra, sparava contro i profughi afgani e siriani che cercavano di entrare nei suoi confini, lasciandoli spesso a morire al gelo nella terra di nessuno.

Se l’attenzione posta dall’amministrazione guidata da Federico Sboarina nei confronti delle persone più disagiate è quello sommariamente descritto sopra, registriamo tutt’altra musica rispetto all’attenzione mostrata verso i più ricchi.

Uno degli ultimi atti della giunta scaligera è stato infatti quello di approvare la realizzazione di un albergo da 140 stanze nel pieno centro di Verona appartenente alla categoria super lusso.

Si tratta dell’ormai famoso isolato, con accesso da via Garibaldi,  di proprietà della Fondazione Cariverona e, fino a qualche tempo fa, sede della banca di riferimento della stessa fondazione, Unicredit.

In questo caso è stata addirittura riconosciuto al fondo immobiliare Patrizia, che gestisce parte del patrimonio della fondazione, incluso l’isolato in questione, l’utilizzo dello strumento “Sblocca Italia”, ossia della legge promossa dal governo Renzi che permette una via preferenziale ai progetti riconosciuti dalla politica locale come “di pubblica utilità”.

Ma che modello di città è quello nel quale un albergo di super lusso ottiene tale riconoscimento mentre il patrimonio di edilizia popolare viene depauperato giorno dopo giorno?

Quello a cui stiamo assistendo ormai da qualche decennio a Verona, o forse sarebbe più corretto dire anche a Verona, è la realizzazione di una città a due velocità. Da una parte il mondo, purtroppo sempre più popolato, dei poveri, dei senzatetto, degli sfruttati dai caporali o costretti a lavorare in nero, (che secondo il presidente della provincia di Verona Manuel Scalzotto in fondo è sempre esistito), o di chi magari è costretto a soppravvivere di espedienti, mentre dall’altro il mondo patinato e asettico del centro storico e dei quartieri bene di Verona, dove tutto deve apparire lindo e appagante, senza stonature o “presenze indesiderate”.

Ma in fondo niente di nuovo. E’ il solito metodo utilizzato dalle destre, l’essere forti con i deboli e deboli con i forti…La speranza è che il centrosinistra, sempre più simile, negli ultimi tempi, alle destre, sconfessi, nel caso di vittoria alle elezioni amministrative, questo sistema di cose. Una speranza che però quasi sicuramente resterà un esercizio retorico, visto che l’ultima volta che il centrosinistra guidò Verona con il sindaco Zanotto non volle nemmeno (restando nell’ambito dei diritti) cancellare le famose mozioni omofobe, quelle che, ancora oggi, a distanza di 27 anni dalla loro approvazione, si oppongono alle indicazioni dell’Unione Europea che chiedevano di rimuovere gli ordinamenti e la legislazione discriminanti nei confronti delle persone omosessuali.

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Andrea Nicolini
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