1977: il paradigma repressivo statale contro l’Autonomia operaia. Incontro con Gianni Boetto

VENERDI 4 APRILE ALLE ORE 18.30 PRESSO I CENTRO DI DOCUMENTAZIONE GIORGIO BERTANI IN VIA CARDUCCI 32, VERONA.
VI ASPETTIAMO!

Il processo all’Autonomia operaia rappresentò non solo il tentativo di smantellare l’organizzazione maggioritaria all’interno del movimento del 1977 ma anche uno dei momenti storici del nostro Paese contraddistinto da un alto livello di repressione da parte dello Stato.
Autonomia era il risultato di un percorso teorico e pratico che risaliva direttamente all’esperienza dei Quaderni rossi e quindi all’operaismo. Risultava pericolosa, agli occhi del potere, perché era stata capace di rinnovare il marxismo dentro le lotte dell’operaio massa, prima e dentro l’operaio sociale dopo. Le leggi antiterrorismo furono quindi utilizzate per distruggere un movimento che all’epoca era all’offensiva.
Il processo fu costruito attorno al cosidetto “teorema Calogero”, dal nome del giudice che condusse il procedimento giudiziario. Sostanzialmente esso accorpava il contropotere diffuso veicolato dall’Autonomia a quello elitario delle Brigate Rosse. Toni Negri, uno degli intellettuali italiani più visionari e interessanti fu addirittura additato come il capo delle Brigate Rosse. Il 7 aprile 1977 fu messa in atto una retata che coinvolse decine e decine di attivisti a partire dagli intellettuali appartenenti all’Autonomia. Oltre al già citato Negri, furono perseguiti per anni anche Scalzone e Piperno e poi giù, a cascata, moltissimi altri.

Era l’Autonomia della violenza diffusa, degli espropri proletari, quella che metteva in atto nuove forme di lotta che preoccupavano lo stato capitalista perché agiva nel sociale politico, dall’emergenza abitativa alla crisi economica godendo di un certo seguito e comunque di grande attenzione da parte delle classi sfruttate.
Il processo durò diversi anni, dal 1979 al 1988, e le accuse non ressero alla prova dei fatti. Gli stessi canoni del “giusto processo” tanto propagandato furono adattati ad un procedimento che di equo aveva davvero poco. Non trovando prove per i reati ascritti furono addirittura utilizzati gli scritti degli imputati andando a ledere lo stesso diritto di libera espressione. Anche Amnesty International denunciò pubblicamente le modalità processuali che cercavano di attribuire a singoli individui che spesso nemmeno si conoscevano i reati associativi.

Alcuni fuggirono all’estero e le ripercussioni dei lunghi anni nei quali si dipanò il processo condizionarono pesantemente la vita di molti.
Oggi che la repressione dello stato sta nuovamente alzando il tiro attraverso norme che hanno l’obiettivo di intimidire chi utilizza forme di lotta pacifiche, probabilmente per prevenire proteste di massa e diffuse che la situazione politica e sociale, nazionale e internazionale, potrebbero giustamente provocare, riteniamo importante ripercorrere uno dei momenti salienti della repressione in Italia.
Pensiamo inoltre che sia doveroso per una realtà come la nostra, ossia un centro di documentazione, porre l’attenzione su un perìodo storico così denso di ideali, di lotte e di visioni di un mondo più equo.
Ne parleremo con Gianni Boetto che, all’epoca dei fatti, fu uno degli attivisti dell’Autonomia padovana perseguiti.
Conoscere e comprendere il passato per vivere il presente in modo consapevole e prepararci a contrastare e contraltare un futuro che ci appare sempre più diseguale e pericoloso.
Per l’occasione appronteremo una piccola mostra dei volantini e degli articoli scritti all’epoca dei fatti proprio dai compagni padovani appartenenti all’Autonomia e di altri gruppi solidali.
Vi aspettiamo!
La registrazione sarà disponibile sul canale YouTube di InfoSpazio161. Iscriviti al canale!https://www.youtube.com/@infospazio161-verona2
Per partecipare all’incontro è richiesto il tesseramento. La tessera è gratuita. Compila il mondulo di iscrizione.
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INFO: centrodocumentazioneg.bertani@gmail.com