Dietro il bla bla bla dei governanti italiani si cela il neocolonialismo e la sostanziale indifferenza per i cambiamenti climatici.

Le spese militari, lo sappiamo, sono un calcio in faccia a chi, anche nel nostro paese, è alle prese con la disoccupazione, i salari bassi, i rincari e con uno stato sociale che, nonostante le promesse e gli annunci, viene smantellato consapevolmente giorno dopo giorno. Un esempio che riteniamo paradigmatico è quello che vede, inserito nella bozza della legge di bilancio, il taglio importante dell’Irap e dell’Irpef, che viene presentato come panacea per tutta la cittadinanza tacendo sul fatto che proprio queste due tasse concorrono in modo importante al finanziamento del fondo per la sanità pubblica. Il tutto mentre, nel contempo, si sbandierano grandi quantità di denaro in arrivo dall’Europa  destinate alla sanità…senza però mai chiarire in quale percentuale siano effettivamente destinate alla sanità pubblica e a quanto ammonta invece la quota che finanzierà la sanità privata.

Le spese militari sono un grande affare per i fabbricanti e i commercianti di morte, che non si fanno alcuno scrupolo nel sostenere, di fatto, regimi che di democratico non hanno nulla, come l’Arabia Saudita o apertamente dittatoriali come la giunta militare birmana.

Una parte di quelle spese viene dedicata alle missioni militari, spesso denominate ipocritamente con il roboante nome di “missioni di pace”. A scavare appena sotto la crosta delle “buone intenzioni” e “buone pratiche” pubblicizzate come vanto nazionale si può accedere ad una realtà completamente diversa, che riempie di rabbia e indignazione.

Il rapporto di Greenpeace International, che potete visualizzare e scaricare al seguente link,

https://drive.google.com/file/d/1iEKxase_av9ei6b1j0VvFFPs08TeJkJN/view?usp=sharing

nella sua parte inerente l’Italia, spiega infatti con chiarezza come il 64% dell’ammontare dei finanziamenti alle missioni militari, che, lo ricordiamo, vengono riconfermate annualmente dal Parlamento, servono a difendere fonti fossili situate all’estero. La cifra utilizzata per questi compiti, racconta il report, è di circa 800 milioni di euro per quanto riguarda il 2021 e di 2,4 miliardi se abbracciamo un lasso di tempo pari agli ultimi quattro anni. La fonte di questo documento di Greenpeace appare inoppugnabile, visto che si tratta della “Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso” trasmessa il 30 giugno 2021 al Parlamento italiano. I dati sono eclatanti se consideriamo che, ad esempio, Spagna e Germania hanno dedicato alla difesa degli interessi privati dell’industria del petrolio e del gas, “solo” il 20% dell’ammontare del denaro stanziato per le missioni militari internazionali, (rispettivamente 274 e 161 milioni).

Quando si parla di petrolio e gas, in Italia, è chiaro che si parla soprattutto di Eni, il colosso industriale i cui interessi guidano la politica estera del nostro paese. Recentemente Eni è addirittura entrata, ovviamente con il beneplacito del Ministero dell’istruzione, all’interno delle scuole, dove forma docenti rispetto alla tematica della sostenibilità ambientale. Si tratta, ancora una volta, della stessa ipocrisia che contraddistingue una notevole parte della nostra stessa società e che conferma, ve ne fosse ancora bisogno, la sudditanza della politica rispetto all’economi. La stessa ipocrisia e sudditanza che ritroviamo nella distanza che separa la grave situazione ambientale e le misure di contrasto minimali, contradditorie e sostanzialmente insufficienti.

Al di là delle doverose considerazioni etiche ed economiche, (visto che il paradigma che ne sottende è sempre quello di privatizzare i profitti e socializzare le perdite), sarebbe interessante sapere quando i governi Conte e Draghi siano stati investiti del compito di difendere con finanziamenti e personale dello stato gli interessi economici di industrie private. Ci risulta, al contrario, che la priorità assoluta di questo momento storico sia la protezione delle persone dai cambiamenti climatici e la cosidetta “transizione ecologica”. Si tratta di obiettivi agli antipodi con quelli perseguiti dai governi più recenti, ma sicuramente perseguiti anche da quelli più lontani nel tempo.

Il dato che emerge da tutto questo è la scarsa considerazione che la maggioranza dei governi europei hanno per i loro cittadini, aggiungendo nuove ferite ad una pratica democratica sempre più svilita e ipocrita. Ciò che servirebbe oggi, di fronte al pericolo derivante dai cambiamenti climatici e all’ignavia con la quale i governi la affrontano, crediamo sia un movimento ampio, incisivo e radicale, in grado di proporre e costruire l’unica alternativa a tutto questo, un modello di svuluppo economico alquanto diverso da quello capitalista in vigore oggi, che riteniamo sia il vero responsabile della distruzione ambientale che sta mettendo a repentaglio la stessa vita del genere umano sulla terra a partire dalle prossime generazioni!

APPROFONDIMENTI:

Il comunicato stampa di Greenpeace.

Nigrizia – Militari italiani a difesa di “Interessi fossili” nel mondo

Il Manifesto – Le missioni militari? “Servono a difendere l’industria del petrolio”

Il Fatto Quotidiano – “Il 64% delle spese militari è per proteggere l’interesse di aziende che estraggono fonti fossili”. Il rapporto di Greenpeace.

Inoltre, per chi volesse approfondire i danni causati dalle fonti fossili e dalle multinazionali del settore consigliamo la visione del sito No all’Italia petrolizzata

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