Acqua e stillicidio dei beni comuni. Privatizzazioni, incuria, inquinamento.

Che l’acqua sia un bene comune e un diritto dell’umanità lo ha detto persino l’Onu.
Che l’acqua potesse essere gestita fuori dalle logiche di mercato era invece la speranza scaturita dai due quesiti referendari del 2011 per cui votarono 27 milioni di persone. Come è andata a fini purtroppo lo sappiamo : gli attacchi al risultato del referendum sono stati continui, le grandi compagnie multiservizi- A2A, Acea, Hera, Iren- non solo hanno mantenuto intatto il potere che avevano ma lo aumenteranno ancora, la gestione completamente pubblica è partita, con qualche contraddizione, solo in pochissimi territori. Eppure in Europa le cose vanno diversamente: in Francia, nonostante la strapotere di alcune multinazionali come Veolia, a Parigi il servizio è totalmente pubblico così come a Berlino e la stessa direzione l’ha presa anche Barcellona.
In Italia invece stiamo tornando indietro.
Il Pnrr stanzia una cifra apparentemente interessante, 4,3 miliardi che potrebbero aiutare a risolvere i tanti problemi della nostra rete idrica.
Quello principale è la dispersione, stimata oltre il 42%: tantissima acqua sprecata per le perdite della rete . La percentuale però è una media nazionale : al sud le perdite sono al 52,3% e quasi un milione e mezzo di famiglie subiscono interruzioni della fornitura. Gli acquedotti in condizioni peggiori sono invece quelli del centro Italia, mentre quello che suscita gli appetiti più forti è quello pugliese, il più grande del paese. Al sud però almeno l’acqua è generalmente di buona qualità cosa che non si può assolutamente dire, ad esempio, per il nordest. Per tutti, però, le tariffe sono in crescita.
Il Pnrr punta a rimodernare la rete e ad incrementare l’efficienza ma i fondi stanziati basteranno soltanto a tappare la metà dei buchi perché lì andranno solo 900 milioni.
Ma anche la rete fognaria e la depurazione delle acque hanno i loro guai che sono all’origine di contenziosi e di multe nelle sedi europee che considerano la nostra rete fognaria inadeguata e con cui abbiamo ben 4 procedure di infrazione.
A fronte di tutto questo, l’investimento è soltanto di 600 milioni. Davvero poco.
Ma non c’è solo il Pnrr a rendere complicata la gestione di una risorsa che crediamo inasauribile mentre non lo è affatto: è arrivato anche il decreto concorrenza che mette sostanzialmente tutti i servizi pubblici, e quindi anche quello idrico, sul mercato. Se un Comune vorrà gestire direttamente l’acqua senza ricorrere a gestioni miste o private dovrà anticipatamente spiegare per quali ragioni il servizio è sottratto al mercato. Ma non basta: dovrà trasmettere queste motivazioni alla autorità per la concorrenza, operare il monitoraggio dei costi e periodicamente revisionare con la stessa autorità i risultati della propria scelta. Un autentico calvario burocratico che pochissimi sindaci affronteranno pur di poter rendere i propri cittadini pienamente titolari di un diritto e di un servizio e non clienti di una società multiservizi magari quotata in borsa come A2A.
A decidere della gestione dell’acqua può però essere anche la regione che avrebbe anch’essa la possibilità di poter ripubblicizzare il servizio andando quindi incontro al voto del referendum.
Ma anche qui sono le grandi società che gestiscono anche rifiuti, elettricità e servizi a rete a vincere una partita che la politica si rifiuta di giocare.
L’ultimo caso è quello della regione Emilia Romagna. Scadeva la concessione per le società gestrici e la regione poteva assumere in proprio il servizio. Ma, ancora una volta, hanno vinto Hera ed Iren: la legge regionale approvata il mese scorso proroga per loro l’assegnazione e di ripubblicizzare non se ne parla nemmeno . I movimenti per l’acqua e quelli ambientalisti come Friday for Future hanno protestato ma invano.
“Speriamo che nei prossimi anni maturino le condizioni per il cambiamento che oggi non ci sono” ha dichiarato Elly Schlein, vice presidente regionale.
Il risultato del referendum resta quindi ancora una volta inascoltato e il contesto generale sempre più difficile mentre il destino dell’acqua risulta sempre più indirizzato verso il profitto, anche quello finanziario.
Proprio da quest’anno infatti l’acqua da diritto universale diventa oggetto di speculazione : potrà infatti essere scambiata in borsa sul mercato dei futures.

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redazione
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