Polli veronesi, un modello contagioso

La produzione esasperata provoca danni sempre più evidenti e conseguenze difficili da prevedere. Sono, ad esempio, i cambiamenti climatici o la progressiva carenza di risorse. Ma vi sono alcune “produzioni” intensive che possono risultare, oltre che eticamente criticabili, anche più inquietanti. Gli allevamenti che contengono migliaia e migliaia di polli rappresentano, in questo senso, un forte campanello d’allarme. Le epidemie, come quella dell’influenza aviaria che sta interessando il territorio veronese e che potrebbe costituire, in futuro, un reale pericolo sanitario anche per le popolazioni.

La provincia di Verona e parte del Veneto non devono fare i conti solo con la crescita dei contagi da covid ma anche con il ritorno della aviaria, epidemia che non si manifestava più dal 2017. Stavolta il virus,  H5N1, è particolarmente contagioso e infatti sono migliaia gli animali, tacchini, polli soprattutto, ad esserne colpiti e circa 20 mila sono stati  abbattuti soltanto nella nostra provincia.

Il virus si è diffuso soprattutto nell’est veronese e nella zona di Ronco all’Adige dove c’è stato il primo cluster più dilatato nelle aziende vicine con numeri altissimi. A ridosso dell’autostrada Milano-Venezia si concentra infatti il 50% dell’avicoltura regionale. Il Veneto è infatti la regione leader di questo comparto con il 30% nel settore dei polli di allevamento. Verona ha praticamente la supremazia regionale:il 40% della produzione nazionale di polli e i 2/3 dei tacchini di tutto il Veneto. Veicolo del contagio sono stati gli uccelli migratori ma ad essere sotto accusa anche il modello industriale ed intensivo di allevamento per le tantissime problematiche a livello sanitario, ambientale ed etico a fronte del suo grosso impatto economico il cui rovescio della medaglia è lo sfruttamento degli animali ed il danno ecologico. Il pollo però piace a tutti e costa poco: ma a quale prezzo?

A dominare il mercato avicolo nel mondo sono i giganti dell’allevamento intensivo: marchi brasiliani, americani, cinesi. Solo in Brasile si macella qualcosa come 5 miliardi di capi all’anno. Ma tra i protagonisti di questo comparto c’è posto anche per una grossa azienda locale, il gruppo Veronesi/Aia che esporta in 70 paesi e macella 350 milioni di polli l’anno. È leader italiano, seguito dal gruppo Amadori.

In questo modello industriale di allevamento i rischi sanitari sono alti e la produzione è a livello di catena di montaggio. Le grandi industrie alimentari hanno spinto per costruire i loro capannoni vicino agli impianti di macellazione a rischio di concentrare in alcune zone rischi e, in caso di pandemia, contagi. Non va dimenticato che nella prima ondata di Covid le province più colpite furono, in Lombardia, quelle di Brescia, Cremona e Mantova dove è fortissima la presenza di questi impianti.

Su questi nuovi focolai però, nonostante i numeri, ministero della salute, regione e associazioni di categoria  mostrano  sicurezza difendendo il sistema dei controlli e di sorveglianza nonostante la pandemia si stia estendendo in altre regioni confinanti. Nella provincia di Ferrara infatti sono stati sequestrati 50 mila tacchini. Per gli animali la procedura più usata è il tampone tracheale a cui segue, in caso di  positività, l’abbattimento. Ma visti i numeri e la pericolosità del virus occorrerà intensificare i controlli e rinforzare le misure di prevenzione.

Magari aumentando anche il personale, oggi piuttosto scarso, nei servizi veterinari.

Anche perché l’epidemia non si ferma, e i focolai nel veronese sono 23.

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redazione
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