10 settembre 1994, il corteo dell’opposizione sociale che mise in fuga la polizia – Fatti e antefatti.

10 settembre 2023 – Articolo di Andrea Nicolini

Impossibile dimenticare quel giorno, quello in cui, per la prima volta, respirai a pieni polmoni l’aria della ribellione. Non mi rendevo conto, all’epoca, di vivere una giornata storica, che segnava la fine di una fase e ne iniziava un’altra. Forse l’ultima propaggine di quella che era stata l’Autonomia Operaia ha avuto il suo canto del cigno quel 10 settembre 1994, e non per morire ma per trasformarsi in qualche cosa di diverso, di più articolato. Furono proprio le vicende legate alla resistenza del C.s.o.a. Leoncavallo che aprirono la strada a centinaia di occupazioni in tutta Italia dando il via al movimento dei centri sociali. Le lotte non muoiono mai e il conflitto non va in pensione. A volte pare, come in questo periodo, che tutto sia troppo calmo nonostante le diseguaglianze e la repressione aumenti giorno dopo giorno ma in realtà credo e spero che qualcosa si muova sotto traccia e come un fiume carsico emergerà al momento opportuno, quando nuova consapevolezza e nuova forza tornerà ad animare il conflitto con il potere.

La prima volta che sono stato al Leonka era stato nell’estate del 1989, nel pieno della “Milano da bere”.  Il giorno precedente la vecchia sede del centro sociale era stata sgomberata e abbattuta illegittimamente. Sopra il portone d’ingresso che nascondeva le macerie all’interno era affisso uno striscione sul quale stava scritto “Nessuno sgombero ci toglierà la gioia e la rabbia di lottare”. Nel novembre del 1997, a Verona, quando la sindaca Michela Sironi decise di sgomberare la prima occupazione del Kollettivo Porkospino, che poi si trasformerà nel gruppo di gestione del Csoa La Chimica, quella stessa frase viveva di nuovo sullo striscione attaccato alla porta del Csoa Forte 115, a Santa Lucia. Anche in quel caso uno sgombero, noi sui tetti e resistenza. Quello stesso messaggio, che mi rifiuto di definire slogan, adornerà in seguito anche le magliette stampate da La Chimica. A riprova del fatto che, come sosteneva qualcuno, nulla muore ma tutto si trasforma!

Tornando a Milano e alla storia che preparò quel 10 settembre va detto che anche l’evoluzione del quartiere nel quale sorgeva il vecchio Leoncavallo sarebbe da approfondire. Un posto solidale con il centro dove negli anni ’70 si formò uno dei servizi d’ordine più combattivi del Paese, il servizio d’ordine del Casoretto. Marco Philopat, attivista del Csoa milanese del Conchetta, sgomberato una prima volta qualche mese prima della distruzione del Leoncavallo e  che su quell’esperienza scrisse in seguito il libro “Costretti a sanguinare”, racconterà la storia del servizio d’ordine del Casoretto in “La banda Bellini”, libro che presenterà nella sede storica de La Chimica durante la prima edizione del “Critical Wine”, l’evento che organizzammo assieme all’archenologo Luigi Veronelli, al giornalista Marc Tibaldi e ai compagni del Magazzino di Brescia.

Le vicende del servizio d’ordine creato dai due fratelli Bellini  costituiscono vere e proprie gesta e il libro lo potete trovare nella nostra piccola biblioteca. Basti pensare che furono loro ad arrivare fin sotto il palco del sindacalista Luciano Lama, in quell’epoca lontana, per riuscire a tirargli qualche bullone in nome di una vendetta operaia che si ribellava alle svendite del sindacato, e che per farlo “bucarono” ben tre servizi d’ordine tra i quali, se ben ricordo, anche i resti del mitico Katanga.

Non posso riassumere in un post l’attività politica, sociale e culturale del Leoncavallo, che si dipanò per lunghi decenni e vide anche l’omicidio di due dei suoi militanti, Fausto e Iaio, uno di quei “misteri” che adombrano il nostro Paese e che non ha ancora trovato colpevoli. Pare, in ogni caso, che i due siano stati uccisi per il loro attivismo contro lo spaccio di droga, al quale sembra fosse implicata anche soggetti legati all’estrema destra milanese.

Dopo tutte queste disgressioni, che spero possano testimoniare, nel loro piccolo, come le lotte, i percorsi ed i racconti che ne seguono trovino quasi sempre connessioni al di là della loro dimensione e della collocazione temporale, torno  al preludio che portò alla manifestazione del 10 settembre 1994.

La distruzione del Leoncavallo portò ad una reazione esattamente contraria a quella che la giunta milanese si proponeva. L’attenzione attorno a quei fatti crebbe e implementò la schiera di militanti e simpatizzanti che si riconobbero in quella lotta costituendo il volano per la ricostruzione del centro sociale stesso. Il leonka tornò ad essere, più di prima, un faro della sinistra extraparlamentare all’interno del panorama milanese. Dalle sue macerie nacque un percorso fatto di cortei e occupazioni, ben descritto nel libro “La geografia del desiderio”, e di iniziative, comprese quelle, non dimentichiamolo, della casa editrice ospitata al suo interno, che mise a dura prova i padroni della “Milano da bere”.

Quando nel 1993 il leghista Formentini vinse le elezioni amministrative di Miano lo sgombero del centro sociale Leoncavallo diventa una delle priorità nel programma della nuova giunta comunale. Sarà effettuato una mattina di gennaio del 1994. A quel punto la Prefettura, evidentemente preoccupata per l’ordine pubblico, assegna al Leoncavallo una nuova sede in via Salomone. Ricordo che, nei mesi precedenti, vi furono episodi che sfiorarono il ridicolo, come il giorno in cui l’ingresso ad una tensiostruttura montata per un’iniziativa regolarmente richiesta alla Questura di Milano venne bloccato dalle macchine della polizia locale e rimosse poco dopo dalla polizia di stato! Quando però il 27 marzo 1994 Berlusconi, Bossi e Fini, (i tre piccoli porcellini cantati dai 99 Posse) vinsero le elezioni il difficile equilibrio raggiunto saltò perché il governo di destra ovviamente si schierò al fianco della sua giunta milanese.

Il 9 agosto 1994 arrivò anche lo sgombero dall’edificio di via Salomone e a quel punto il Leoncavallo convocò la manifestazione nazionale del 10 settembre. L’8 settembre i leoncavallini occuparono uno stabile in via Watteau e il giorno seguente, alla vigilia della grande manifestazione, mentre il sindaco Formentini definiva gli occupanti “fantasmi” un blitz della polizia, con l’ausilio di un blindato, provò ad attuare l’ennesimo sgombero ma venne respinto.

Il 10 settembre il sole asciugò ben presto le strade dal diluvio della sera precedente e fin dal concentramento a Porta Venezia era facile capire che non sarebbe stata una manifestazione come le altre. La tensione era altissima e i partecipanti ben superiore alle migliori aspettative. In testa al corteo vi erano 150 militanti in tuta bianca, con il volto coperto, zainetti in spalla e nodosi bastoni in pugno. Erano disposti su tre file e la partenza fu ritardata perché la polizia non voleva permettere la partenza di un corteo con quel servizio d’ordine. Partimmo in ritardo ma partimmo, probabilmente quando ie forze dell’ordine si resero conto che non farci partire quelle 20mila persone assiepate ed incazzate avrebbe solamente peggiorato la situazione. Quelle 150 tute bianche, (che ancora nulla avevano a che fare con l’omonimo movimento promosso in seguito dalle realtà legate ai centri sociali del nord-sest ma che forse ne costituirono l’embrione) rappresentavano i “fantasmi” evocati da Formentini.

La città era blindatissima e il corteo, al quale non era stato concesso l’arrivo in Piazza Duomo ed il cui percorso era stato stravolto dalle prescrizioni della polizia, arrivò alla fine in Piazza Cavour. Per lunghi chilometri, prima dell’arrivo, le strade laterali erano bloccate impedendo accesso e deflusso dei manifestanti e quando le persone riempirono la piazza si accorsero che tutte le vie di uscita erano chiuse da centinaia di caschi blu. In particolare erano blindate le vie verso il Duomo e la Questura. Vi sono moltissime foto che ritraggono il lungo fronteggiamento tra il servizio d’ordine e la celere. La tensione era alle stelle, altri manifestanti stavano arrivando nella piazza gremita e troppo piccola per ospitarli.

Il servizio d’ordine del corteo e lo schieramento della polizia si fronteggiano in Piazza Cavour – Fonte: ugomariatassinari

Un equilibrio mai così precario aleggiava in quei lunghi momenti, evanescente come una bava di vento e, all’improvviso tutto fu in movimento. Quando un furgone dei carabinieri provò ad entrare nel servizio d’ordine i “fantasmi” reagirono e tutta la piazza fece un balzo in avanti. Il furgone, ormai abbandonato dagli occupanti al suo destino fu oltrepassato mentre il reparto di celere prima arretrava velocemente e poi si dava ad una fuga scomposta su per via Turati. Mentre inseguivamo le forze dell’ordine in testa al corteo altre caricavano pesantemente la coda della manifestazione malmenando anche giornalisti e, in alcuni casi, ignari passanti.

Il gruppo veronese con il quale ero andato a Milano si sfilò durante quell’inseguimento ma in seguito ho ascoltato una cassetta audio che conteneva la registrazione della radiocronaca della manifestazione e degli scontri. Al di là della speranza di ritrovarla e che sia ancora audibile dopo tanto tempo vorrei raccontarvene i contenuti che poi non ho ritrovato in alcun resoconto successivo.

Il radiocronista racconta, con il fiato ansimante per la corsa, l’inseguimento, il casco del celerino sulla sommità di un semaforo, (che trova conferma in una foto presente ne “La geografia del desiderio”) ma poi racconta anche degli attivisti che arrivano ad assediare un commissariato o qualche cosa del genere. Il parco macchine in balia dei manifestanti e addirittura l’inseguimento delle forze di polizia fin dentro la struttura, l’occupazione del primo piano dell’edificio e una successiva “carica” dei poliziotti che, asseragliati al secondo piano, riescono a fatica a riprendere possesso della struttura e a mettere fine all’incursione. Sono quasi del tutto  sicuro di ciò che scrivo perché quell’audio cassetta l’ho ascoltata e l’ho fatta ascoltare più volte, incredulo degli sviluppi finali del corteo. Ho cercato su radio Blackout la radiocronaca del corteo dell’Opposizione Sociale senza però trovarla. Vi prego quindi di prendere l’ultimo paragrafo scritto con beneficio di inventario in attesa di poter confermare questa ultima parte che ho voluto raccontare in ogni caso.  Esiste comunque un video su YouTube che testimonia la fuga a gambe levate della polizia in via Turati. Vi potete accedere, dopo l’imbarazzante sequela di verifiche e controlli imposti dalla piattaforma, al link seguente.

Il racconto dei fatti “certificati” finisce con circa 2mila manifestanti asserragliati all’interno del centro sociale di via Watteau circondato da un incredibile sfoggio di forze dell’ordine. Tutto il quartiere era in realtà blindato. L’assedio continuò fino a tarda notte ma poi la polizia fu costretta a desistere…Chissà se quella notte il sindaco Formentini sognò i fantasmi…

Un’ulteriore approfondimento, sicuramente più completo e approfondito del mio racconto lo potete trovare nel bellissimo blog ugomariatassinari che vi consgilgio di visitare in ogni caso:

https://www.ugomariatassinari.it/opposizione-sociale/

Voglio finire questo articolo citando ancora i 99 Posse che intitoleranno il loro tour assieme ai Bisca proprio ai fatti di quel giorno, al loro significato ed importanza. Nel doppio cd live “Incredibile opposizione tour”, dopo un pezzo che ridicolizza i partiti politici dell’epoca, Luca, il cantante, accenna a quella giornata “queste sono parole e poi ci sono i fatti, come quelli del 10 settembre”…

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Andrea Nicolini
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